ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Olimpiadi, è iniziato
tutto così
di Andrea Bentivegna
30/07/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

Le Olimpiadi di Rio de Janeiro sono ormai alle porte, così in queste settimane estive, l'idea di raccontare alcune storie più avvincenti delle passate edizioni tra curiosità e storia.

E non si poteva che iniziare dal principio. La storia delle Olimpiadi, quelle moderne almeno, ha inizio in un giorno ben preciso, il 23 giugno 1894, quando in un salone de La Sorbonne a Parigi un distinto signore con dei grandi baffi prese la parola. Si trattava nientemeno che di un discendente di Cyrano de Bergerac e il suo nome era Pierre Frédy barone De Coubertin. Fu al termine del suo lungo e coinvolgente discorso che un grande applauso sancì, a furor di popolo, la nascita di quello che sarebbe diventato, per distacco, l’evento planetario più importante della nostra epoca.

Sì, un evento planetario oggi, ma allora le cose erano ben diverse. Tanto per cominciare ci si chiese dove farle. Prima idea: ''Facciamole a Parigi durante l’Esposizione Universale del 1900'' Tutti d’accordo. Effettivamente la capitale francese era allora, nel cuore della Belle Epoque, il centro del mondo. Poi, però, qualcuno fece notare che a quella data mancavano ancora tanti, troppi, anni; si pensò dunque di organizzarne, nel frattempo, un’altra e fu così che si scelse Atene, la culla della classicità, proprio lì dove le Antiche Olimpiadi erano nate nel 776 avanti Cristo.

I greci a partire da Re Giorgio si mostrarono entusiasti e per l’occasione ricostruirono addirittura l’antico stadio di Licurgo, il Panatenaiko. uno impianto splendido interamente rivestito di marmo che poteva contenere ben ottantamila perone.

Fu così il 5 aprile 1896 presero il via ufficialmente le moderne Olimpiadi. Nessuna cerimonia accolse i 285 atleti sbarcati al Pireo dei quali, a ben vedere, la stragrande maggioranza era di nazionalità greca a cui si sommavano le poche delegazioni straniere. Tra queste non figurava l’Italia anche se un lombardo, un certo Airoldi, si fosse presentato per gareggiare. Era un marciatore al quale gli organizzatori che non consentirono di partecipare perché l’anno precedente aveva vinto una gara incassando un esiguo premio in denaro. Questo bastò per definirlo un professionista e quindi fu rispedito a casa. Il giovane Airoldi deve essersi sentito crollare il mondo addosso in quel momento anche perché era arrivato fin lì da Origgio, provincia di Varese, a piedi!

La prima medaglia della storia olimpiaca fu assegnata un lunedì e a conquistarla fu uno studente americano di Harvard, il suo nome era James Brendam Connolly. Il ragazzo era arrivato ad Atene a sue spese in quanto la sua università si rifiutò di pagargli il viaggio e anzi lo costrinse ad abbandonare gli studi salvo poi pentirsene poco dopo quando gli allori olimpici (non esistevano ancora le medaglie inizialmente) consegnarono il suo nome alla storia.

Quanto questa edizione dei giochi fosse lontana dall’organizzazione imponente a cui siamo oggi abituati ce la fanno capire alcuni curiosi aneddoti. Ad esempio tra le discipline di questa prima olimpiade figuravano anche la vela e il canottaggio ma le gare non si disputarono. Perché? Beh semplice: pioveva. Un altro aneddoto riguardava le gare di nuoto; Si perché se i greci innalzarono un grande stadio per l’atletica non si sognarono minimamente di costruire anche una piscina. Le gare di nuoto si svolsero infatti in mare aperto con tutte le difficoltà del caso. Altro aspetto che oggi può sembrare bizzarro è il cambio di specialità; Prendete il tedesco Friedrich Traun, era arrivato ad Atene per correre i cento metri ma fu immediatamente eliminato. Tornare a casa dopo un viaggio simile dovette sembrargli un’assurdità, così, dal momento che sapeva anche giocare a tennis, si iscrisse a quel punto al torneo olimpico di doppio nel quale, incredibilmente, vinse l’oro. Oggi sarebbe semplicemente improponibile.

Insomma le differenze con i nostri giorni erano inimmaginabili eppure una cosa, allora come oggi, è rimasta immutata e cioè il prestigio della gara più bella ed affascinante di tutte. Così alle 14 di domenica 12 aprile, sulla piana di Maratona, si percepiva tutta la solennità del momento mentre si dava il via ai 25 atleti che avrebbero corso i 42 chilometri e 195 metri che li separavano dallo stadio Panatenaiko.

A vincere sarà, secondo un trionfale copione, un soldato greco, Spyridon Louis, che percorse la distanza in poco meno di tre ore sbaragliando la concorrenza. Quando il giovane fece il suo ingresso solitario nello stadio, vestito con il caratteristico gonnellino dell’esercito greco, la folla impazzì e persino Re Giorgio si lasciò andare salutando il vincitore mentre tagliava il traguardo. Louis aveva letteralmente dominato la gara; Era così superiore che verso metà gara, anziché gettarsi con foga all’inseguimento dei battistrada, si fermò ad un’osteria bevendosi un paio di bicchieri di vino prima di ripartire e recuperare sugli avversari ormai stremati e superarli uno ad uno.

Quella vittoria fu il giusto epilogo alla manifestazione che, malgrado tutto, fu un vero successo tanto che in molti già pensavano alla successiva, che a Parigi avrebbe salutato l’inizio del nuovo secolo.

 

 

 





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